30 – Museo Archeologico

Tema: - Tappe: a piedi

Tappa 30

L’allestimento della sezione preistorica del Museo Archeologico della Valle del Ceno, curato da Angelo Ghiretti, punta su una soluzione espositiva non comune: rinunciando a svolgere l’intero filo delle tracce, spesso esigue, pertinenti a tutto l’arco della preistoria e protostoria presenti nella valle, ha preferito concentrare l’attenzione sulle due testimonianze principali: lo sfruttamento del diaspro del Monte Lama e l’indagine sul sito arroccato del Groppo Predellara a Varsi. 

Si tratta di due dei temi che maggiormente caratterizzano la preistoria e protostoria dell’Appennino del Parmense occidentale, da diversi punti di vista: in primis lo stato delle ricerche che li hanno riguardati, e poi soprattutto le peculiarità culturali che esprimono, nel corso di diverse fasi del passato, in rapporto alle risorse naturali che questo specifico territorio ha offerto alle scelte economiche e insediative delle comunità umane. 

Il diaspro del Monte Lama ha rappresentato una risorsa litica preziosa già a partire dal Paleolitico medio e soprattutto nel corso del Paleolitico superiore e poi nell’età del Rame.  


Indagini e ricerche 

Le indagini condotte dall’Università di Pisa consentono non solo di descrivere un sito che ha straordinarie potenzialità per la ricerca futura, ma anche di richiamare, nei pannelli di inquadramento, una serie di aspetti fondamentali per la conoscenza delle nostre origini, che vanno dal più antico popolamento del nostro territorio alle caratteristiche delle prime produzioni in pietra, fino all’insospettata estensione degli scambi già all’epoca delle frequentazioni neandertaliane. 

Le ricerche effettuate da Angelo Ghiretti, in qualità di collaboratore della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna, nel sito arroccato del Groppo Predellara permettono invece di affrontare altre problematiche, connesse con la ripetuta occupazione, in fasi diverse, di un luogo naturalmente difeso.  

I materiali raccolti negli strati pertinenti alla più importante fase di vita del sito, nel corso dell’età del Bronzo, raccontano una storia antica ma anche attuale: l’interazione tra due diverse entità culturali, quella delle “Terramare” emiliane e quella della gente del Nord-Ovest, che trovarono in quest’area di confine il loro terreno di incontro, variabile nel tempo col variare dei reciproci rapporti di forza.


Il diaspro del Lama-Castellaccio-Pràrbera: un materiale unico 

Una così intensa frequentazione di quest’area durante la preistoria è sicuramente dovuta alla presenza di una materia prima di elevata qualità, vetrosa e resistente, adatta all’ottenimento di manufatti taglienti e di largo modulo. Questo materiale fu ampiamente usato dai Neandertaliani, durante il Paleolitico medio.  

Con l’arrivo dell’Homo Sapiens, durante le fasi antiche del Paleolitico superiore, la presenza di liste vetrose, poco fratturate e di dimensioni ragguardevoli, permise inoltre la produzione di lame o coltelli anche superiori ai 10 cm di lunghezza. In seguito, le comunità dell’Età del Rame usarono questa pietra per produrre punte di freccia e pugnali a ritocco bifacciale, identici a quelli ritrovati tra il corredo di Ötzi, la mummia scoperta tra i ghiacci del Similaun, in Alto Adige, e vecchia di 5000 anni. 

Era tale l’importanza di questo diaspro da essere esportato, sotto forma di manufatti finiti, in siti della Liguria occidentale e in alcune grotte del Finalese già oltre 50.000 anni fa da oggi, durante il Paleolitico medio. 

Con l’arrivo dell’Homo Sapiens, attorno ai 40.000 anni fa, la diffusione di questa selce a radiolari si fece ancora più ampia, così da essere rinvenuta ai Balzi Rossi, nell’Imperiese, e in alcuni depositi della Provenza, in località distanti oltre 200 km in linea d’aria dalla Val Ceno. 

Il Castello di Bardi

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Tappa 30.1 – Indagini e ricerche

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Tappa 30.2 – Il diaspro del Lama-Castellaccio-Pràrbera: un materiale unico

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